Il blog di VeM
Racconti (di viaggio) sotto l’albero | Isole Eolie Estate 2020 – parte 2
3 Dicembre 2021
Un articolo a cura di Tiziana Bertoldin
Isole Eolie, 28 agosto – 3 settembre 2020
[…continua dalla parte 1]
Il giorno dopo, domenica, lasciamo Vulcano: Tanino ci porta con l’auto trolley e valige al porto. E’ in camicia hawaiana e occhiali da sole con le lenti rosse. La giornata è ancora caldissima, si va a Salina.
Arriviamo a Rinella, il porto minore. L’escursione si presume al monte dei Porri, uno dei due vulcani – spenti, coperti di vegetazione – di Salina. Ma Giuseppe ha deciso di salire il monte Fossa delle Felci, più alto (900 metri) ma più ombroso, o meno assolato del monte dei Porri che gli sta di fronte. Un bus ci porta a Leni, 200 mt di quota. Da qui si parte per uno stradello tra case e cespugli di cappero. Si sale poi il sentiero erto e secco nella grande calura. Giuseppe fa una sosta nell’ombra, leggendo poesie di Pavese. Sempre, se Giuseppe è la guida, si fanno letture in cammino. Alle quote più alte gli alberi si infittiscono, la vegetazione cambia, ci sono castagni, un vero bosco. Il monte condensa l’umidità in alto, così da formare un ambiente diverso dalle parti basse, aride, asciutte, con vegetazione diversa e più rada. Arriviamo alla cima, saliti su un rozzo mucchio di sassi subito la foto di gruppo. Tutto intorno imperversa il sole del primo pomeriggio, vediamo le isole nel nebbioso calore azzurrato, la terra rossa contrasta col blu del mare, col verde degli alberi. In discesa, superato un rifugio – chiuso, ad uso forestale – per sentiero ripido e sassoso raggiungiamo il paese di Malfa. Un bus ci porterà a Pollara, La baia di Pollara è una piccola caldera, qui un vulcano è esploso, e si è mangiato la montagna: le pareti boscose sono concave, molto alte, ripide, circondano la baia che sprofonda sotto falesie di rocce stratiformi, friabili, e la spiaggia non c’è, se non pochi ciottoli, per il resto è roccia. Nel mezzo della baia, sul mare, emerge un grosso scoglio, ciò che resta del vulcano esploso. Il bus ci lascia su una piazza lastricata, da cui si scende al mare per stradella e poi per una lunga serie di gradoni in pietra. Più sopra c’è un bar dove ogni giorno alle 18.00 si proietta il film Il Postino con Massimo Troisi. E’ qui la location di quella che nel film era la casa del poeta Pablo Neruda, ancora visitabile. Anche parte della cala di Pollara è stata teatro di qualche scena del film, tanto è bastato per creare la via Massimo Troisi. Scendiamo al mare, c’è roccia vera, servono le pedule. Tra le nuotate aspettiamo il tramonto. Giuseppe ci raccomanda di vedere l’arco di Pollara, spettacolare scultura rocciosa più in là lungo gli scogli: a sole già quasi scomparso, spicca in una luce calda contro il mare blu, le rocce rossastre, le ombre scure che si annidano dentro le pieghe di roccia.
A buio, ormai, siamo sulla piazza di Pollara. Giuseppe ha prenotato un pulmino privato che ci porta a cena, così come siamo, salati e sudati, con ai piedi gli scarponi bagnati, polverosi e stanchi.
Il cammino è così, ti prende qualsiasi cosa accada, il caldo, o il freddo, o la pioggia, o la polvere, o la stanchezza, o aspettare chissà quanto per farsi una doccia, la fatica, la compagnia. In questo gruppo il tasso di simpatia reciproca è piuttosto alto, e questa è una grande fortuna.
Il giorno seguente si va a Filicudi. La prima meta è Zucco Grande, un villaggio abbandonato da molti anni, di cui poco resta, ruderi, o poco più. Saliamo dal porto, dal paese, verso il monte, di cui non raggiungeremo la cima. Saliamo a spirale, con saliscendi, passando sotto piccole pareti rocciose. Girata la costa del monte si incontrano ruderi di case, casali abbandonati. A Zucco Grande ci sediamo intorno a un tavolone rustico con due lunghe panche ai lati, presso il muro di un casale. Una tettoia di canniccio fa filtrare il sole, che oggi è meno aggressivo; il tempo cambia. Fino a pochi anni fa qui c’era un rifugio, un ristoro, ora non c’è più nessuno; ma per noi è un buon posto. Si si fa il nostro pranzo al sacco, sotto le strisce di sole. Quando ci muoviamo Giuseppe ci conduce a certe fonti, e la cima del monte comincia a coprirsi di una nuvola grigia. Andiamo lungo il sentiero oltre il casale, con saliscendi, la prima fonte è una piccola pozza fangosa circondata di erbe, tra cui la Marcanthia, antica, primitiva. Oltre ancora, un’altra fonte, più consistente, sembra profonda, acqua scura e fresca tra le erbe, tra il verde. Si ritorna, il gruppo scende per il sentiero che adesso è molto meno assolato, lungo strada si rubano uva, fichi d’india, fichi, si cammina allegri, si arriva al porto e occupiamo dei tavoli, ordiniamo granite. Nel pomeriggio, il villaggio preistorico. Si sale a mezza costa del monte opposto a quello di Zucco Grande, del villaggio solo le fondamenta: la civiltà milazzese è stata scalzata e distrutta dagli Ausoni, napoletani, pirati forse in lotta tra loro. Scendiamo al bivio per le Macine, dove le grandi macine ricavate dalle rocce adiacenti sono state ammassate al di sopra degli scogli: ma il mare è mosso, non si può fare il bagno. La nuvola del mattino si accresce, e fa grigio il cielo. Ma dalla parte opposta, lato ovest dell’isola, si vede una striscia assolata, un’altra spiaggia: si chiama Le Punte e si raggiunge in breve. Ha grossi sassi neri, rotondi, acqua calma e pulita. La nuvola del monte sembra dissolta. Facciamo il bagno, poi con Giuseppe leggiamo dai Dialoghi con Leucò di Pavese l’Isola, la vicenda di Ulisse e Calipso. Poi il dialogo tra Circe e Leucotea, la maga stregata da Odisseo non può né trattenerlo, né trasformarlo in bestia. Solo fa nascere in lui nostalgia ricordando Penelope. Il tempo si è rabbuiato, il mare è grosso e la nuvola copre il cielo. Giuseppe dice “ci siamo giocati l’aliscafo con il bagno”, teme che per il brutto tempo, il vento e il mare, l’aliscafo non viaggi e ci lasci a Filicudi. Ma al porto dicono che non resteremo bloccati, l’aliscafo arriverà veloce, velocissimi dovremo salire, e via di corsa: si fa subito il check in dei biglietti. Si avvista l’aliscafo, ed è questione di attimi perché si avvicini al molo, noi tutti su, sbatte il portellone, via. Con onde alte che coprono i finestrini e scosse di mare grosso, arriviamo a Salina. Lavati e cambiati saliamo alla casa della degustazione. Il nostro ospite coltiva capperi e uva, fa il vino da sé. Ci offre una serie di assaggi, antipasti, primi, pesce, capperi, e diverse varietà di vini. Cena allegra, e ritorno anche più allegro, per le stradine, fino alle nostre case: ultima notte a Salina.