Il blog di VeM

Leggiamo Michela Murgia: “Noi siamo tempesta”
21 Agosto 2023
Un articolo a cura di Angelica Brigas

Sventurata è la terra che ha bisogno di eroi, scriveva Bertolt Brecht, ma è difficile credere che avesse ragione se poi le storie degli eroi sono le prime che sentiamo da bambini, le sole che studiamo da ragazzi e le uniche che ci ispirano da adulti. La figura del campione solitario è esaltante, ma non appartiene alla nostra norma: è l’eccezione. La vita quotidiana è fatta invece di imprese mirabili compiute da persone del tutto comuni che hanno saputo mettersi insieme e fidarsi le une delle altre. È così che è nata Wikipedia, che è stato svelato il codice segreto dei nazisti in guerra e che la lotta al razzismo è entrata in tutte le case di chi nel ‘68 guardava le Olimpiadi.
È passata poco più di una settimana dalla scomparsa di Michela Murgia e l’eco della sua mancanza diviene giorno dopo giorno sempre più tangibile. Intellettuale vera, autentica, diretta, con una innata capacità di” vedere oltre “, rovesciare convenzioni e generare un continuo dibattito.
Michela, spesso non capita e osteggiata, perché troppo acuta; in ogni suo intervento, in ogni suo scritto, ha reso collettivo e politico, nel senso autentico della parola, ogni aspetto della vita umana. Lo ha fatto fino alla fine, condividendo, con un gesto di infinita generosità, persino la sua malattia e i suoi ultimi giorni.
Una delle sue più grandi eredità è proprio questa fermezza nel credere nella potenza dell’agire collettivo sano piuttosto che individuale. E di ciò ne sono testimonianza tanti suoi interventi e scritti.
C’è però un’opera, pubblicata qualche anno fa che tratta in modo diretto questo aspetto: “Noi siamo tempesta”.
In questo libro, disegnato da World oh the dot e pubblicato nel 2019 per Salani editore, la scrittrice ha scelto sedici avventure collettive famosissime o del tutto sconosciute e le ha raccontate come imprese corali, perché l’eroismo è la strada di pochi, ma la collaborazione creativa è un superpotere che appartiene a tutti. Un libro scorrevole, immersivo, accattivante anche per la sua innovativa veste grafica, pensata per un pubblico di ragazzə., ma assolutamente adatto a pubblico adulto.
Le storie sono raccontate sotto forma di dialoghi, principalmente inventati e immaginati dall’autrice. “sono tutte storie vere e allo stesso tempo tutte inventate. Sono vere perché le imprese meravigliose di cui si parla sono accadute sul serio e succedono ogni giorno di continuo. Sono inventate perché quasi mai nessuno le racconta, come se non fosse importante tramandarci le storie che ci hanno visti protagonisti insieme, senza eroi a cui dare il compito di essere migliori di noi”.
Così accade che le parole pronunciate dai protagonisti riducano man mano la distanza tra noi e loro, rendendo queste storie straordinarie ma allo stesso tempo esemplari e quindi possibili e realizzabili nella vita di ciascuno di noi.
Le storie poliedriche, trattano di argomenti più diversi e non seguono un ordine cronologico preciso: si parte con l’incredibile intuizione di Wikipedia, di lasciar editare “tutta la “conoscenza del mondo” alla gente comune, si dà voce a una capricciosa macchina di Turing; passando poi dalla storia antica (la straordinaria impresa della battaglia delle Termopili), a quella novecentesca (da episodi legati alla Seconda guerra mondiale come “le streghe della notte”, alle madri di Plaza de Mayo), fino alla più recente (referendum catalano). O ancora, ci sono fatti di cronaca interessanti, preziosi casi di unione sociale e solidarietà, come nel caso della Meridian Elementary School o nella Mediterranea Saving Humans.
Tra le storie meno conosciute, troviamo il racconto di “Legarsi alla Montagna”, un’opera performativa che viene considerata la prima opera internazionale di Arte Relazionale, realizzata ad Ulassai, un piccolo paese nel cuore della Sardegna.
Da sarda, Michela, rende omaggio ad un’altra sarda: la grande artista Maria Lai.
Ma cos’è “Legarsi alla Montagna?”
Nel 1981 all’artista viene commissionato un monumento ai caduti e lei prima ha detto no, poi ha detto “lo faccio ai viventi, ma come dico io”. Il pubblico non è solo spettatore della nascita di questo oggetto d’arte, ma è chiamato a concorrere o interagire con la sua realizzazione. L’importante non è la forma finale del monumento, ma il processo che si genera tra l’incontro delle persone, che prendono molto sul serio il valore simbolico di questo gesto. Servirà, infatti, un anno e mezzo di trattative tra l’artista e i suoi compaesani per mettere in opera l’installazione. Maria decide di legare fisicamente il suo paese alla montagna che lo sovrasta, ma prima lega con un nastro azzurro ogni casa degli abitanti di Ulassai: con il compromesso che le famiglie in buoni rapporti aggiungeranno al nastro che le lega un pezzo di pane decorato, quelle che non sono in buoni rapporti accetteranno il nastro come traccia del confine rispettoso tra le parti.
“Forse è a questo che serve l’arte, a far vedere i fili nascosti tra le cose e persone”
Un po’ come ci ha insegnato a fare Michela stessa, con la sua profondità di sguardo e la sua capacità di rovesciamento delle prospettive. L’incontro con questo libro, come tanti altri di questa straordinaria scrittrice, ci insegna a pensare il mondo e a pensarci
“Tanti. Insieme. Diversi”, come tempesta perché “una tempesta alla fine sono milioni di gocce d’acqua, ma col giusto vento”.
di Angelica Brigas