Il blog di VeM

Serbia | Diario di bordo del viaggio in Serbia – terza parte
14 Giugno 2024
Nove giorni (dal 10 al 19 agosto 2023) alla scoperta della Serbia con gli ascoltatori-viaggiatori di Radio Popolare e con “ViaggieMiraggi. La rete per il turismo responsabile”, accompagnati da Eugenio Berra, che fa parte del gruppo di ricercatori, giornalisti, artisti e attivisti che ha dato vita a “Confluenze. Nel sud-est Europa con lentezza”, votata al turismo responsabile e alla divulgazione storico-culturale tra Balcani ed Europa orientale.
Un’esperienza unica, che – non nascondo – all’inizio mi preoccupava non amando i viaggi di gruppo e avendo un modo completamente diverso di muovermi nel mondo, senza orari e tappe prestabilite, bensì lasciandomi guidare – un po’ improvvisando – dalle sensazioni, dagli incontri e dalle nuove conoscenze fatte sul posto. Ma, quando Radio Popolare chiama, Gaia risponde.
E, oltretutto, solo gli stolti non rivedono le proprie posizioni: così, a viaggio concluso, posso dire tranquillamente che, giocando con le parole dell’amato David Foster Wallace, è stata una cosa divertente che farò ancora. Con piacere.
Qui il diario di bordo, scritto in viaggio giorno per giorno.
A cura di Gaia Grassi
Day 7 – Kraljevo e Monastero di Studenica
Non esistono posti patinati in Serbia: anche nel più ricco Nord, la diversa percezione è una questione di maggior ordine e rigore. Di “asburgicità”, se mi si concede il termine. Procedendo verso sud, invece, i contorni assumono toni più spartani e, se si va genio a chi si incontra, veraci.
Noi evidentemente stiamo andando a genio.
Così capita che l’oste di una kafana (trattoria) sperduta nella campagna di Kraljevo ci apra le porte del proprio regno (che risale al 1826), fatto di collezioni della qualunque, e ci offra il vero nettare degli dei: una rakija ai lamponi mai provata prima (e difficilmente recuperabile altrove). Qui abbiamo incontrato anche l’attivista Bojana Minović, legata alla ONG Fenomena (www.fenomena.org), che collabora in un centro di Kraljevo impegnato nella lotta alla violenza domestica e nella tutela della condizione femminile che, in queste zone rurali, è piuttosto compromessa, nonostante poi dipenda proprio dalla tenacia e dalla volontà delle donne la salvaguardia del territorio circostante dall’avanzamento delle centrali idroelettriche. Donne che resistono al grido di «Non ci interessano i vostri soldi: siamo abituati a essere poveri, ma non siamo abituati a vivere senza il nostro fiume».
Così capita che il più burbero dei custodi del Monastero di Studenica (di fine XII secolo; patrimonio Unesco dal 1986) si trasformi nel più premuroso spacciatore di informazioni, persino quelle sulla vita dei nove monaci che si trovano lì.
Così capita che nell’unico hotel-ristorante, a conduzione familiare, nei dintorni del monastero, io venga letteralmente rapita da Rade l’allevatore di trote che, in serbo stretto e a gesti, mi parla per 45 minuti e mi accompagna in un giro dell’allevamento annesso. E capisco tutto! Sicuramente merito del caffè turco più forte mai bevuto che mi ha offerto nel suo gabbiotto-casa-ufficio e che non ho avuto modo – né cuore – di rifiutare. Così come non ho avuto cuore di respingere la trota per cena, pesce che notoriamente detesto e che, ammetto, questa volta mi è piaciuto, soprattutto nella versione zuppa.
Evviva Rade, ma non evviva la trota.
Day 8 – Monastero di Ziča e Gledić
Il viaggio sta volgendo al termine ed Eugenio, quindi, inizia a preparare i fuochi d’artificio per la degna conclusione.
Prosegue il giro dei monasteri con la visita a quello di Žiča, fondato nel 1208. Anche qui la storia la raccontano le pietre: guardandole si riconoscono a occhio nudo i segni delle numerose ricostruzioni, dovute alle distruzioni di barbari e ottomani, ma anche a un bombardamento durante la Seconda guerra mondiale, perché il priore era un attivista serbo.
A questi ricordi di guerra fa da contraltare l’atmosfera pacifica che si respira passeggiando nel curatissimo giardino.
Attraversando un’altrettanto placida campagna, con fattorie, bambini che giocano lungo le stradine e una quantità imbarazzante di sfumature di verde, arriviamo a Rakija (e già dal nome avremmo dovuto capire tutto: pare che il fiume che scorre accanto abbia sempre l’acqua trasparente, anche dopo le peggiori esondazioni, proprio come la rakija…), frazione di Gledić, dove si trova il presidio Slow Food della grappa di prugne “Crvena Ranka”.
La distilleria Rakija iz Rakije (gioco di parole tra il termine che indica la grappa e il nome del paese; www.rakijaizrakije.com/brandy-from-the-brandy-village/) è gestita da Gaga e dal marito Dejan Veljović ed è il capofila del presidio, cui aderiscono altri 11 produttori che utilizzano tutti la stessa ricetta: doppia distillazione prima per sei mesi in botti di legno di quercia giovane e poi due anni in botti di legno di quercia antica.
Ad accompagnare il pranzo (e la premiazione del concorso fotografico “Scatti e Miraggi Popolari”, che abbiamo inventato e su cui ritornerò), oltre all’immancabile rakija (e, comunque, zero mal di testa), vi è stata la musica dell’eccezionale Orkestar Danijela, unica orchestra di ottoni in Serbia a essere guidata da una donna (che l’ha fondata a 10 anni con i suoi fratelli, per poi farla crescere e portare a un livello altissimo; https://www.facebook.com/orkestardanijela?mibextid=ZbWKwL).
Una sorpresa (con tanto di regalo fatto a noi e a Radio Popolare) per le orecchie, ma anche per lo spirito, perché abbiamo cantato e ballato tutto il pomeriggio.
E non, solo, per la rakija.
Day 9 – Kragujevac e Memoriale di Šumarice
Kragujevac è stata capitale della Serbia, ma probabilmente lo ha dimenticato, troppo impegnata a ricordare altro. Un “altro” – anzi, due “altri” – tanto ingombranti da non lasciare tempo né spazio a questioni di poco conto, quale l’essere stata un tempo capitale, per esempio. Del resto, questa condizione che cosa potrebbe aggiungere alla sua storia? Nulla. Ma, soprattutto, toglierebbe un po’ del dolore provato? No. E allora, giustamente, perché fare spazio per ricordarlo? La memoria di Kragujevac è già piena. Impossibile alleggerirla.
I ricordi sanno di Zastava – la “Fiat serba” – e di stipendi e condizioni lavorative inaccettabili.
Ma soprattutto i ricordi, indelebili, sanno di quel 21 ottobre 1941, giorno dell’eccidio in cui persero la vita quasi 3000 civili, tra cui 301 ragazzi tra gli 11 e i 17 anni insieme ai loro maestri e al loro direttore che, pur potendo salvarsi perché conosceva bene il tedesco, non volle abbandonare i propri studenti.
Il motivo di queste morti? All’epoca vigeva la regola 100 civili maschi giustiziati per ogni tedesco ucciso e 50 per ogni tedesco ferito; tra il 15 e il 16 ottobre 1941 vi fu un attacco da parte della resistenza a un convoglio tedesco, nel quale furono uccisi 10 soldati e feriti una trentina. I conti sono presto fatti.
Per “seppellire” tutti quei cadaveri servirono 33 fosse comuni, oggi onorate con targhe e monumenti all’interno dei 35 ettari del Parco memoriale di Šumarice (www.spomenpark.rs/en/home/). Qui sorge anche un museo straordinario per contenuti e architettura (sempre a firma di Ivan Antić, che ha voluto un edificio di mattoni rossi a 33 cupole, nel suo solito stile razionalista), con fotografie originali, sculture, quadri del pittore jugoslavo Petar Lubarda – forti come solo quelli che dialogano con Guernica sanno essere – e un monito ben preciso: «Nel mondo vi è già stato un eccidio ed è abbastanza».
A noi, che stiamo tornando a casa, è rimasto impresso nella memoria. Perché è questo ciò che ci ha regalato questo viaggio: il privilegio di entrare a far parte di una memoria collettiva, insieme al dovere di ricordare.
Ringrazio tutte e tutti per questa splendida esperienza. In particolare Eugenio Berra e le mie compagne e i miei compagni di viaggio.
Paola, con la sua allegria e la sua spontaneità.
Nadia, con la sua saggezza e creatività.
Marzia, con il suo amore per la musica e con l’impegno sociale.
Maria, con la sua esperienza e la sua dolcezza: un esempio da seguire per tutti noi.
Il compagno Diego, storico ascoltatore di Radio Popolare e nostalgico scrutatore di ogni aspetto politico.
PierPaolo, con la sua sensibilità e la sua vastissima cultura.
Raffaela, con il suo amore per il bello e il suo sguardo sensibile che attraversa ogni cosa.
Donatella, con il suo amore per l’arte che ha saputo trasmettere a tutti noi.
Manuel, con la sua gentilezza e la sua discrezione.
Giovanni, con la sua curiosità e il suo romanticismo.
Pasqua, con la sua praticità e il suo pensiero per tutti.
Maria, con la sua eleganza innata e la sua attenzione.
Teresa, con la sua forza e il suo celato sarcasmo.
Laura, con la sua voglia di vivere ogni attimo e la sua passione per le foto di gruppo.
Alfonso, con il suo senso analitico e il suo amore per le fotografie.
Gianandrea, con il suo silenzio pieno di parole e il suo amore per il blues.
Alessandra, con la sua amicizia e la sua cura per gli altri.
Con loro abbiamo ideato anche un concorso fotografico per distribuire in premio alcuni libri degli esperti incontrati durante il viaggio. L’abbiamo intitolato “Scatti e Miraggi Popolari”, sperando che questa prima edizione possa diventare la numero 0 di un’iniziativa desinata a durare.
Ecco le categorie e i vincitori di Scatti e Miraggi Popolari – Edizione Serbia Agosto 2023
Foto Serbia 2023: Donatella Di Modugno, “Io sono qui”
Foto più significativa del viaggio: Gianandrea Pasquinelli, “Movida”
Foto più mediatica: Nadia Cavallotti, “Il guado. Serbomeccanico, serboautista e vedette italoserbe risolvono un grave problema”
Foto più artistica: Paola Citta, “Senza Titolo”
Foto più romantica: Giovanni Giovannini, “Buona vita”
Foto più comunista: Diego Mottola, “Belgrado, resistendo alla rimozione”
Foto Pathos: Alfonso Picone, “Passione”
Foto più intima: Alessandra Ravaioli, “Confidenze”
Foto più sensibile: Raffaela Schiena, “L’orgoglio nella desolazione…”
Foto naturalistica: Manuel Negri, “Lung el navili”
Foto b/n: Marzia Marras, “Senza titolo”
Foto più disobbediente: Maria Andreotti, “Tra oriente e occidente”
Foto di comunità: Pierpaolo Careggio, “In cammino insieme”
Foto di gruppo: Laura Sambo, “Senza titolo”
Foto più folkloristica: Teresa Lazzaro, “Senza titolo”
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