Il blog di VeM

Weekend in Ucraina, a Leopoli la città dai confini annullati
17 Luglio 2019
Riportiamo alcuni estratti dalle testimonianze dei nostri viaggiatori Luisa e Piero sul viaggio nella mitteleuropea Leopoli.
Luisa ha vissuto un’esperienza emozionante che ha fatto riaffiorare alcuni ricordi di famiglia…
(…) Ancora adesso mi congratulo con me stessa per aver scelto questo viaggio che mi ha costretta ad un contatto con una parte agli estremi confini dei Balcani. Quei Balcani che io avevo girato in lungo e in largo al tempo della Jugoslavija di Tito da cui proveniva anche la mia “tata” che mi cantava le nenie in sloveno prima che i fratelli partigiani la costringessero a tornare a Postumia e finire miseramente in un campo di concentramento da cui uscì viva (…) So cosa mi ha spinta ad andare a Leopoli. Non è stato solo il desiderio di visitare la città che vive in un apparente stato di grazia cercando di sopravvivere ai suoi ragazzi ucraini costretti a combattere una guerra non voluta e le cui famiglie piangono i ritratti dei caduti posti nella Chiesa dei Gesuiti.

La Galizia era nei miei ricordi d’infanzia essendo il luogo dove gli austriaci mandarono i trentini a combattere i Russi agli albori della Prima guerra Mondiale consci che avrebbero disertato se li avessero mandati sul fronte italiano. Mia nonna a Trento mi raccontava che quella fu la sua fortuna perché così non ebbe più figli dopo averne sfornati cinque in dieci anni, mio nonno tornò vivo ma molto provato. Da Leopoli invece mio padre scrisse l’ultima delle sue lettere in cui diceva che finalmente, dopo una lunga marcia dal Fronte Russo in mezzo alla neve e con i piedi congelati, era stato messo dai tedeschi su di una tradotta diretta a Merano. Lui si salvò due volte: la prima riuscendo a tornare in Italia con la tradotta, la seconda non trovandosi a Leopoli nel momento in cui i tedeschi, sentendosi traditi dagli italiani, ammazzarono tutti quelli che sopravvissuti alla ritirata erano riusciti ad arrivare fin lì, sembra fossero 3000.
Accompagnati dalla brava Guida interprete Mariana, persona colta e traduttrice di numerosi libri italiani in ucraino, abbiamo girato per la città ammirando gli stupendi e cadenti balconi in ferro, le porte dei palazzi e le vetrate in Jugendstil

i numerosi monumenti magnificanti poeti e condottieri, i grandi del passato ricordati un po’ ovunque anche nel cimitero monumentale.

Con i suoi racconti lei ci ha fatto sentire molto vicini alla popolazione ucraina che cerca di ricomporsi unitariamente dopo secoli di dominazioni e trasferimenti sotto tedeschi e polacchi, austriaci e russi. Non ha dimenticato di citare il genocidio compiuto dai tedeschi dei 100.000 ebrei della città che ora ne vanta solo 3000. L’ultima sera abbiamo cenato in un ristorantino famigliare allietati dalla presenza di una coppia giovane che ci ha proposto canti in yiddish accompagnati da chitarra e fisarmonica.

Così ora a casa cerco di riunire i miei ricordi di famiglia con tutti quelli che mi sono stati regalati in questo bel viaggio dalle persone incontrate e da una persona speciale, il simpatico Eugenio Berra.
Puoi leggere tutto il racconto di Luisa sulla pagina web di Confluenze.
Piero invece scrive…
(…) “Perché andare a Leopoli”. Perché è un limes, è un confine geografico, storico, antropologico tra due mondi, tra Est e Ovest. E come tutti i confini ha un grande fascino, derivante proprio dal sovrapporsi e dal confondersi di etnie, lingue, culture, religioni. Come tutti, insomma… forse anche un po’ di più. Non è davvero facile trovare una città così complessa e stratificata, con una storia così travagliata e forse proprio per questo ricca (…) È una città di confine, ma è anche la città dei confini annullati, dove i confini spariscono e tutto si mescola e si confonde: così l’ha definita Joseph Roth, un grande scrittore ebreo galiziano (…)
Leopoli ha tuttora ben otto teatri.

Ma, teatri a parte, cos’è rimasto di quella Leopoli? Sappiamo che dopo la Seconda Guerra Mondiale la popolazione è radicalmente cambiata, addirittura per l’80%. Prima la maggioranza era polacca, anche durante il periodo di dominio austriaco; c’era una forte presenza ebraica (circa un terzo) e gli ucraini erano appena il 15%. Ora invece è una città quasi completamente ucraina, per poco meno del 90%. (…) Le architetture fanno senz’altro pensare alla piccola Vienna, come lo stile di alcuni hotel e caffè, che sono sopravvissuti anche all’epoca sovietica o sono stati (ri)costruiti dopo imitando quello stile.

Come il Palazzo delle Belle Arti, con i suoi bassorilievi che rappresentano le stagioni (…) Dopo la capitale, dopo Budapest, Praga e Trieste, Leopoli era ormai la quinta città dell’Impero per ordine di grandezza. Geograficamente posta nella parte orientale dell’Impero, Leopoli, definita “grande città polacca, avanguardia della civiltà occidentale sulla steppa ormai quasi asiatica”, era considerata in modo diverso a seconda dei punti di vista: per l’Occidente era una città orientale, ma per l’Europa Orientale era una città di tipo occidentale e in realtà possedeva le caratteristiche di entrambe le culture. La convivenza di diverse etnie e culture faceva di Leopoli una città del tutto particolare: qui esisteva perfino un gergo urbano chiamato bałak. Era una secolare combinazione della terminologia nata dalle lingue usate dagli abitanti di questa città, conteneva quindi parole provenienti dal polacco, dall’ucraino, dall’yiddish, dal tedesco, dall’italiano, dal greco, dall’ungherese, dal tartaro, dal turco, con anche qualche espressione prestata dal gergo della malavita. Era usato da tutti i ceti sociali di Leopoli, a cominciare dalla servitù fino ai professori universitari (…)
Per leggere tutto il racconto di viaggio di Piero visita il suo blog Macondo Express.