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Il blog di VeM

Racconto di viaggio tra le numerose anime del Sudafrica

Sudafrica | Racconto di viaggio tra le numerose anime del Sudafrica

13 Marzo 2020

Un articolo a cura di Valeria Moscariello

Valeria Moscariello

Addis Abeba. Poco più di una settimana fa. Ripongo lo zaino nella cappelliera sopra il mio posto, mi siedo, allaccio le cinture di sicurezza. Attendo il decollo. Il volo ci porterà a Malpensa, l’ultimo tratto del rientro verso casa, dopo nove giorni di viaggio in Sudafrica.

Mi sistemo, chiudo gli occhi e ripercorro il viaggio appena compiuto. 

Non è stato un viaggio banale, “come da programma”. Questo è l’equivoco che si crea con i viaggi “organizzati”. I tour guidati sono percepiti, e lo sono anche in molti casi, standardizzati, avulsi dalla realtà del paese la cui esperienza è modificata da filtri creati apposta per il turista. Questo viaggio no, non ha additivi, coloranti, edulcoranti. 

Il viaggio che si è appena concluso ha dato l’opportunità ai nostri viaggiatori di conoscere da vicino gli aspetti diversi e fondamentali del Sudafrica: la grande città con le sue contraddizioni, la township di Soweto con il suo ruolo determinante nella storia del Paese e poi la sconfinata terra sudafricana con bellezze uniche al mondo.

Johannesburg: megalopoli di contrasti. Il primo impatto è soft: la città benestante nel quartiere di Rosebank, con le case circondate da rigogliosi giardini, le gallerie d’arte e i locali alla moda. Ceniamo in un rinomato ed ottimo ristorante di cucina sudafricana all’ultimo piano di un centro dedicato al Design e all’Arte. Da qui ammiriamo un tramonto mozzafiato sulla città. 
Il giorno successivo giriamo la carta: incontriamo Soweto, la township di 3 milioni di abitanti. Ci accompagna Yves, nostra guida locale. Yves ci racconta, ci spiega, risponde ad ogni nostra domanda per farci comprendere e conoscere questo luogo così denso di storia e di energia e così diverso da quello della sera prima. Con lui percorriamo le strade in cui hanno vissuto Nelson Mandela e l’arcivescovo Desmond Tutu (due premi nobel hanno vissuto in un’unica via) e in cui c’è stata la manifestazione studentesca che, nel 1976, ha innescato il processo di sensibilizzazione internazionale che ha avrebbe poi condotto alla fine del regime della Apartheid. Siamo guidati all’interno della parte più povera della township e andiamo a trovare le maestre e i bambini di un asilo informale, voluto e gestito dalla comunità.  Qui i piccoli sino ai 5 anni trascorrono la giornata ed apprendono. Le maestre con orgoglio e felicità subito ci mostrano la nuova aula in muratura e il bagno che, grazie ai fondi raccolti anche con i nostri viaggi, sono stati da poco costruiti accanto alle aule in lamiera. Maestre col sorriso, bambini con occhi luminosi, ci accolgono, cantano per noi. I piccoli si avvicinano, qualcuno ci prende per mano, qualcuno allunga le braccia.  Osservo i viaggiatori: sorridono, si guardano, ed infine si accucciano, giocano con i bambini, li prendono in braccio. Qualcuno di loro al termine del viaggio dirà che questa è stata la giornata più importante del tour.

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La prima giornata si conclude con l’emozionante visita al Museo dell’Apartheid con le testimonianze del processo, deliberato, minuzioso, violento, che ha portato negli anni dalla segregazione alla discriminazione della popolazione di colore sudafricana. 

Il viaggio prosegue. Con un volo di un’ora raggiungiamo Neilspruit e da lì guidiamo verso paesaggi di enorme respiro e di grande bellezza. Qui ci sono alte cascate che giocano con il terreno, qui si cammina tra la foresta pluviale per arrivare a 2000 metri ed ammirare il terzo più grande canyon al mondo, il Blyde River Canyon, e le Tre Rondavelle, tre imponenti formazioni rocciose, rotonde proprio come le capanne tradizionali africane, da cui prendono il nome. Lo sguardo spazia. Falchi e rondini blu solcano il cielo. 

Se si guarda verso la pianura sottostante, all’orizzonte si scorge il parco Kruger, la nostra prossima meta. 

Ripartiamo, non prima di aver assaporato l’atmosfera afrikaner sorseggiando una birra in un locale ritrovo di motociclisti, un tempo frequentato solo dalla popolazione bianca, ora è il punto di ritrovo e di aggregazione di tutti nel paese di Graskop. I clienti abituali ci salutano e ci accolgono come fossimo vecchi amici. Sydney si avvicina: “Se non ci fosse stato Mandela, qui io non avrei mai potuto mettere piede e parlare con voi” ci dice.

Attraversiamo villaggi, con piccole case, bambini che escono da scuola e camminano verso casa nelle loro colorate divise, variopinte bancarelle di frutta e verdura attraggono la nostra attenzione, donne lungo la strada cucinano nelle tradizionali potjie e vendono la pietanza ai passanti.

L’ingresso al parco Kruger è poco distante. Entriamo in questa area protetta, estesa come lo stato d’Israele, famosa in tutto il mondo per la ricchezza della fauna e della flora.

In questo periodo dell’anno il parco ci accoglie verde e ricchissimo di fiori e di uccelli di ogni colore. Il nostro safari inizia magicamente con un ghepardo che attraversa svelto la strada proprio davanti a noi e prosegue con incontri e avvistamenti che sempre incantano e stupiscono: antilopi, gazzelle, elefanti, zebre, giraffe, ippopotami, scimmie e babbuini, e poi i facoceri, le iene, ed infine bufali e rinoceronti ma anche il leone che gioca con la leonessa. È la stagione degli amori ma anche dei cuccioli poiché in ogni branco ne avvistiamo più d’uno: scimmiette che saltano dagli alberi, elefantini che fanno stretching, zebre che allattano i piccoli.

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Sostiamo nel silenzio assoluto in una postazione per birdwatchers: decine di gialli uccelli tessitori si danno un gran daffare a costruire spettacolari nidi pensili, un coccodrillo è rintanato sulla sponda, tre tartarughe sembrano dormire su un ramo affacciato sull’acqua, miriadi di piccoli volatili giocano tra le ninfee.

La sera ci ritroviamo lungo il fiume a guardare il tramonto, increduli per il “bottino” di immagini ed emozioni di questi due giorni al Kruger. 

Il viaggio è terminato e si riparte. L’ultima sera davanti a un caminetto degustiamo il babotie, un piatto tipico a base di carne, ed un bicchiere di Pinotage, intenso rosso del Sudafrica. Commentiamo le tappe con i viaggiatori, ricordiamo episodi e aneddoti accaduti. Capiamo che porteranno il viaggio nel cuore per sempre.

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