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Il blog di VeM

Verso CAMMINARE, il Festival del Social Walking. Conosciamo gli ospiti: Matthias Canapini
Foto di Matthias Canapini

Verso CAMMINARE, il Festival del Social Walking. Conosciamo gli ospiti: Matthias Canapini

19 Novembre 2020

Un articolo a cura di Fabrizio Teodori

Fabrizio Teodori

Manca poco ormai al IV appuntamento con “CAMMINARE, il Festival del Social Walking”, organizzato da ViaggieMiraggi con la collaborazione di Altreconomia e la media partnership di Radio Popolare. Come sapete il Festival sarà on line, trasmesso in diretta streaming gratuita sulla nostra pagina Facebook e sul canale Youtube. Qui sotto potrete trovare il programma con tutti gli ospiti che interverranno, ma se ancora non li conoscete condividiamo con voi una breve intervista che ci permette di scoprire qualcosa di più su di loro.

Conosciamo Matthias Canapini, autore del libro “È così la vita” ( Prospero Editore, 2019) e di Il passo dell’Acero Rosso (Aras Edizioni, 2018).

  • Chi sei e perché hai scelto di trascorrere gli ultimi 10 anni della tua vita raccogliendo storie?

Potrei dirvi di chiamarmi Matthias ed essere nato a Fano (PU) nel 1992. In realtà mi domando tante volte chi sono e cosa ci faccio qui. Credo di essere un minuscolo pezzettino di questo immenso mosaico umano che ogni giorno ride, si dispera, piange, fa l’amore, mangia, dorme. Sono un essere vivente che tenta di fare ciò che lo rende felice, ossia raccontare storie, con l’occhio semplice di un testimone, senza sentirsi né fotografo, né scrittore, né reporter. Un essere umano di passaggio, un “nessuno”, in cammino verso un “altrove”, grato di ciò che ogni giorno la vita gli regala. Gioie e brutture. Ho cominciato a viaggiare in solitaria all’età di 19 anni: taccuino, zaino e macchina fotografica. L’intento era ed è rimasto lo stesso: riportare a casa storie, volti, nomi oltre i numeri, le percentuali, le statistiche. Ho scelto di fare ciò, muovendomi a piedi o coi mezzi pubblici dai Balcani all’Asia come dalla Val Susa al Caucaso, per strappare al vuoto identità umane. Il destino e le circostanze mi hanno portato a toccare con mano diverse realtà: il terremoto in centro Italia, la guerra in Siria, Kurdistan, Ucraina, le rotte dei migranti lungo i confini d’Europa; miserie, disabilità, sogni nei nostri tempi. Restituire al mondo cronache sommerse per mostrare che l’altro siamo noi. Continuare a raccontare per riscoprirsi comunità.

  • Una frase che so che ti piace è: siamo tutti rami dello stesso albero, che ne pensi?

Penso, nella maniera più sincera, che siamo tutti connessi. Scintille nell’eternità del tempo. Dall’albero al maiale, dalla mela al lago di montagna, dai nostri figli che verranno alle stelle, siamo parte di una rete invisibile che a tratti illumina il mondo, facendoci meravigliare di fronte all’immensa bellezza che ci circonda. Questo grande insegnamento mi è stato dato dal viaggio. Arrivare ai “confini” del mondo mi ha permesso di trovare un briciolo di serenità sotto casa. Credo che a farmi paura non siano più guerre, virus, dolori, violenze, ma l’enorme bellezza qui (proprio qui) intorno. Sapere di vivere in un pianeta sospeso nel vuoto, circondato da miliardi e miliardi di soli e galassie. Sapere che un albero silenziosamente vive, si nutre, dà ossigeno, per tutta l’esistenza è fermo ed essenziale. Più pragmaticamente: sono una foglia qualunque di un albero che quasi ogni giorno, di fronte al caos del mondo, si domanda: ma io che cosa posso fare? Vorrei smetterla di delegare agli altri sforzi che io non sono in grado di fare. Prendermi la responsabilità, tutelare un angolo di mondo e difenderlo.

  • Come ti vedi nel breve futuro rispetto al contesto che stiamo vivendo in questi mesi?

Personalmente sto tentando sempre più di ritagliarmi una vita lenta, a contatto col bosco o con un minuscolo pezzo di terra. Non chissà dove, anche nelle campagne di Fano, vicino alla città in cui sono nato e cresciuto. Sto cercando questa dimensione perché credo che il silenzio e la lentezza siano le uniche cose rimaste in grado di salvarci. Ultimamente sono impegnato con la stesura di un nuovo libro sulle rotte dei migranti, ma vorrei, entro natale, rimettermi in cammino per raccontare ulteriormente il “cratere” del centro Italia, con l’aggravante della pandemia in corso. È tutto molto incerto ma una delle poche certezze che sento è che vorrei imparare a vivere nel qui e ora, valorizzando ogni istante con un bel respiro. Credo che questo tempo bislacco sia una grande opportunità per tutti noi: di rallentare, di meravigliarci, di tornare all’essenziale di cui ha tanto bisogno l’uomo. Di vedere con occhi nuovi la natura, la nostra natura. Arrendersi al presente è il peggior modo di costruire il futuro, mi ha detto mesi fa un signore dentro i campi Saharawi, uno dei luoghi più duri al mondo. Vi auguro di commuovervi fino alle lacrime guardando il tramonto che verrà.

 

 

 

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