Il blog di VeM
Romania | “Il ritratto di Micaela. Viaggio sul Delta del Danubio”
15 Maggio 2018
Abbiamo intervistato Silvia Rocchi, autrice di un lavoro artistico delicato e affascinante, “Il ritratto di Micaela. Viaggio sul Delta del Danubio“. Silvia ha percorso insieme a noi il Danubio, in un viaggio nato in collaborazione con Slow Food Internazionale e la rete Terra Madre e volto alla valorizzazione di produzioni tipiche, enogastronomiche e di culture autoctone lungo il medio e basso corso danubiano. In una parola, valorizzazione della biodiversità danubiana pensata come bene comune. Protagonista del viaggio e del lavoro di Silvia è il Delta del Danubio, là dove il grande fiume d’Europa si trasforma in un dedalo di canali a perdersi nelle acque del Mar Nero. Tutto il lavoro di Silvia, raccontato insieme al nostro referente Eugenio, è raccolto sul sito dedicato www.viaggiodeltadanubio.eu
Buongiorno Silvia! In una delle tue tavole affermi: “La navigazione è un fatto zen”. Ci racconti che cosa ha significato per te esplorare un luogo a bordo di un battello?
Stare sul battello e procedere a un ritmo relativamente lento di navigazione ti permette di godere di ogni piccolo dettaglio, osservare le piante che ti circondano, vedere qualche uccellino che va da un albero all’altro ogni tanto. E poi c’è il fatto di poter immergere la mano nell’acqua, di poter vivere il silenzio, e di poter fissare i riflessi dell’acqua, che si specchia nel cielo e viceversa. Questo tipo di navigazione è un’esperienza che andrebbe fatta come minimo una volta all’anno.
“Le mille gradazioni di verde” del Danubio. Che cosa ti ha colpito della specificità naturale di questo luogo ricco di biodiversità?
In viaggio con noi c’era un esperto del WWF, Cristi, che ci spiegava cosa stavamo vedendo, abbiamo osservato la fauna e la flora del Danubio con un binocolo, siamo poi passati da un paio di riserve ulteriormente protette dove abbiamo visto i pellicani e i cormorani procacciarsi il cibo insieme. Parlo di mille gradazioni di verde perché abbiamo avuto la fortuna di navigare con un clima davvero variabile, il cielo andava dall’azzurro al nero al bianco perla, quindi ho potuto sperimentare con i miei occhi tutti questi tipi di grigi/azzurri, verdi e bianchi.
Musiche e balli della popolazione locale. Che cosa ti è sembrato raccontassero di sé questi popoli attraverso le melodie e linguaggio corporeo?
A Greci, un gruppo della tradizione locale composto da un paio di persone di origini turche, intonavano ogni tanto canti del posto, e ogni tanto canzoni classiche turche.
Ci incitavano a ballare e mi è sembrato di capire (anche da altre occasioni) che nei Balcani si balla in gruppo, in cerchio.
A Mila 23, mentre le Lipovene cantavano in coro e in semicerchio, i loro bambini davanti ballavano, i maschi in un modo, le femmine in un altro, a volte facendo dei movimenti che ricordavano un po’ le onde del fiume.
A Sulina, mentre i ragazzi ballavano il Sirtaki, io mi segnavo sul quaderno tutti i movimenti che facevano, i giri in un senso e nell’altro di sole donne e soli uomini e come interagivano poi tra loro.
Da queste varie esperienze ho notato che il ballo di gruppo, “popolare” va per la maggiore, il ché significa che la festa è gradita e riesce bene se è condivisa, e si tende a non escludere nessuno.
Le storie delle persone che abitano il Delta. Ci racconteresti qual’è la storia che ha arricchito in maniera particolare il tuo personale bagaglio?
Abbiamo conosciuto una cuoca a Sulina, che come racconto nella mia storia è venuta a farsi ritrarre al mattino presto prima che partissimo per Kilia (al confine con l’Ucraina e ultima tappa del viaggio). Mi guardava con un misto di dolcezza e determinazione, il ché mi ha molto colpita, perché è un po’ come riconoscersi nonostante la distanza linguistica e geografica. Lo stesso tipo di sensazione l’ho provata ascoltando i cori delle donne di Mila 23. Eugenio Berra, prima di arrivare da loro mi aveva fatto leggere i testi delle canzoni, ebbene i racconti sono dedicati ad amori lontani, alla fatica del lavoro quotidiano, alla sorellanza che si stabilisce con le altre donne del villaggio; insomma temi universali.
Questo tipo di cose mi arricchisce molto, è tutto quello che cerco in un viaggio, in un libro, in un film, qualcosa che racconti degli altri e di conseguenza anche di me.
Viaggiare con persone che non conoscevi prima. Se dovessi disegnare l’esperienza in una sola tavola cosa raffigureresti?
Per raccontare una settimana ho impiegato 60 disegni diversi, quindi se in una sola immagine dovessi rappresentare tutto quello che ho vissuto e imparato, non solo dagli incontri sul Delta, ma anche dagli altri viaggiatori, sicuramente sarebbe una tavola come un puzzle composto di tanti piccoli pezzi. Ci sarebbero il signore che mi spiegava come riconoscere alcune piante in un sentiero di una delle montagne della catena di Macin (che abbiamo visitato prima di arrivare sul Delta), la signora che mi raccontava del suo lavoro e di quanto le piaccia fare i viaggi di questo tipo, l’insegnante di educazione artistica che mi dava delle dritte, l’interprete sempre gentile e divertita (e divertente), la colta bibliotecaria di Sulina, la stupenda signora che ci ha accolti a Greci.
Ho provato a disegnarli tutti in una pagina, spero si siano riconosciuti e ne siano stati contenti, come io di conoscere loro.
Viaggiare è conoscere ed essere sinceramente curiosi nei confronti dell’altro, bisognerebbe imparare un passetto per volta a non confrontare costantemente il nuovo con il vecchio, con quella che chiamiamo casa – ma questo non l’ho detto io, l’ho rubato a Sepúlveda.