Il blog di VeM
Piemonte | Sulle Alpi con Irene, social walking in Valle Gesso
10 Giugno 2019
Un articolo a cura di Gabriela Vallemani
A tu per tu con Irene Borgna, autrice del libro Il pastore di stambecchi, e accompagnatrice del nostro trekking in Valle Gesso, in partenza dal 16 al 18 agosto.
Durante il viaggio presenterai anche il tuo libro, Il pastore di stambecchi. Ci puoi raccontare com’è nata l’idea di scrivere il libro?
Oh, un colpo di fortuna. Un pomeriggio come tanti, suona il cellulare: numero sconosciuto. Lascio suonare un po’ pensando che sia qualche spaccapinne che vuole vendermi un fungitopo a batterie rotanti, ma poi rispondo. E da qualche parte arriva la voce sconosciuta di un signore molto distinto che mi dice più o meno così: “Salve, mi ha dato il suo numero una mia amica che dice che lei scrive di montagna e lo fa piuttosto bene. Ho un caro amico di ottant’anni con una vita straordinaria: verrebbe a Rhêmes Notre Dames per incontrarlo ed eventualmente raccogliere le sue storie?”. Era una proposta troppo assurda per non accettare. Così mi feci un improbabile viaggio di 300 km, incontrai il proprietario di quella voce e sua moglie (due persone fantastiche che meriterebbero un libro a parte) e, naturalmente, Luigi. E niente, è una persona straordinaria – mi ha conquistata da subito. Per fortuna anche io gli sono andata a genio e così mi ha concesso l’onore di raccontarmi la sua vita.
E gli stambecchi?
Gli stambecchi sono dappertutto nel libro – è stato Louis ad autodefinirsi ‘pastore di stambecchi’ – e oggi questi animali simbolo delle Alpi si trovano un po’ dovunque sulle Alpi, ma pochi sanno che TUTTI gli stambecchi che oggi si trovano sull’arco alpino sono i discendenti degli unici superstiti all’inizio del ‘900: gli stambecchi del Gran Paradiso. Li avevamo cacciati fino all’estinzione dappertutto: il GranPa era Riserva Reale di caccia di Casa Savoia ed erano stati risparmiati per questo. Gli stambecchi sono quindi una bella eredità dei nostri insigni sovrani. Ora che ci penso, fatico a farmene venire in mente un’altra…
Curiosità, buone gambe e consapevolezza di attraversare un ambiente meraviglioso e fragile sono i requisiti richiesti per camminare sui sentieri e sulle mulattiere del Parco Naturale delle Alpi Marittime. Quali caratteristiche svelerà il Parco al viaggiatore dotato di queste caratteristiche?
Il Parco delle Alpi Marittime è l’anima di gneiss e di granito delle Aree Protette delle Alpi Marittime (l’anima calcarea è il Parco naturale del Marguareis, che visiteremo dal 28 al 30 giugno): un ambiente severo, con pareti a picco, di color scuro, che si alzano fino a superare i 3000 metri su fondovalle che alternano tratti angusti a conche più ampie scavate dagli antichi ghiacciai. Ovunque, acqua che scorre e laghi alpini. Nonostante la difficoltà di vivere questo ambiente così duro, troveremo tracce umane dappertutto: mulattiere, caserme, resti di insediamenti in quota, tracce di giàs (alpeggi) non più in uso che la natura sta riconquistando. È un luogo dove vicende umane e natura di intrecciano al punto che diventa impossibile separare le une dall’altra. Il fatto che esista il Parco, un’istituzione che sta per compiere 40 anni, è la garanzia della gestione attenta di un territorio fragile: ci sono pochi luoghi dove è così (relativamente) facile avvistare animali. Una fortuna e un patrimonio comune che innamora e che viene spontaneo difendere facendo letteralmente attenzione a dove mettiamo i piedi (per non demolire i sentieri, non spiaccicare specie endemiche, non inquinare corsi d’acqua), a come gestiamo i nostri rifiuti e i nostri corpaccioni chiassosi quando andiamo a spasso in un luogo così bello.
Quali sono le più significative vicende umane che hanno interessato la Valle Gesso?
Le Alpi Marittime erano già frequentate nella preistoria: ce lo raccontano le famose incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie, le grotte di Aisone in Valle Stura, che conservano le tracce di un insediamento Neolitico, la necropoli protostorica di Valdieri, con le sue sepolture dell’Età del Bronzo. Da dopo la fine dell’ultima glaciazione, circa ottomila anni fa, queste montagne di passaggio tra la costa e il piano sono state attraversate da innumerevoli pastori, mercanti, soldati, pellegrini… Ciascuno ha lasciato tracce dietro di sé: sono alpeggi e antiche vie di commercio fra la pianura e la costa, sono fortificazioni e santuari stretti fra le cime delle montagne, strade lastricate in alta montagna e palazzine di caccia destinate a ospitare i re d’Italia… A metà Ottocento, infatti, arrivano in Valle Gesso i re e le regine di casa Savoia. Colpiti dalla bellezza selvaggia dei luoghi e dall’abbondanza di selvaggina (pare che Vittorione Emanuele II apprezzasse anche le bellezze locali), decidono di restare: così una delle zone più povere dell’arco alpino occidentale diventa riserva di caccia e una delle residenze preferite dei “re cacciatori” fino alla fine della Seconda guerra mondiale. L’ultimo evento che ha segnato la storia e il paesaggio di quello che sarebbe diventato il Parco naturale delle Alpi Marittime è stata la costruzione degli invasi artificiali per la produzione di energia idroelettrica. I cantieri dell’Enel hanno cambiato il volto della Valle Gesso, ma anche offerto opportunità di lavoro ai giovani della valle, arginando in parte il massiccio spopolamento degli anni ’60 e ’70. Poi sono arrivati il Parco e il turismo alpino come lo conosciamo oggi, ma questa è cronaca.
Il cuore del trekking saranno storie e incontri con animali e con montanari. Hai qualche chicca da narrare? Per esempio sui montanari…
Come direbbe il puffo Quattrocchi, autorità indiscussa in materia, “Io odio i montanari”. Quelli finti, intendo. Quelli che sono una proiezione della città. Trovo invece molto interessanti alcuni di quelli che sono rimasti in montagna sapendo leggere e interpretare creativamente il loro ambiente (che è l’unico modo per rispettare le tradizioni) e più ancora quelli che hanno scelto di vivere nelle terre alte. Chi nasce in montagna non è di per sé più buono, istruito o saggio di un impiegato di Cantù, anzi: spesso paga in chiusura mentale lo scotto di aver studiato e viaggiato di meno. Vivere in montagna non è questione di radici (siamo persone, non sassifraghe: la metafora vegetale non deve farci dimenticare che se abbiamo i piedi è perché siamo fatti per spostarci), ma di scelte. Ho la fortuna enorme di conoscere montanari per nascita e nuovi montanari e spero che durante il trekking potremo fare due chiacchiere con gli uni e con gli altri. Viaggiare e dialogare sono gli unici modi per uscire dagli stereotipi.
Il social walking nella Valle Gesso è uno degli 8 “Weekend del Social Walking” (Scopri di più>>)
I weekend raggiungono anche le “valli resilienti” di AttivAree (Val Sabbia e Val Tompia), Programma intersettoriale di Fondazione Cariplo che mira a riattivare le aree marginali del territorio di riferimento della fondazione e ad aumentarne la forza attrattiva nei confronti dei residenti, di potenziali investitori e dei poli urbani di riferimento, facendo leva sulle risorse delle comunità.
I weekend del Social Walking anticiperanno alcuni dei temi di “Camminare. Il Festival del Social Walking” (Milano, 5 e 6 ottobre 2019), la III edizione del primo festival milanese dedicato al viaggio lento e condiviso, organizzato da ViaggieMiraggi, in collaborazione con Altreconomia, media partner Radio Popolare (informazioni: rete@viaggiemiraggi.org).